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al testo di Giorgio Mancinelli
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ZEN : luci /colori /stagioni /esternazioni
(Disciplina del Mahajana Buddhism, pronuncia giapponese della parola chinese Chàn, derivata dal Sanscrito dhyana, che approssimativamente è traslata con "meditazione" o "stato meditativo"). Primavera: o della pietra grigia, ovoidale, perfetta sospesa sull’ampia campitura del giardino sfuma dall’intenso al verde chiaro colpita dalla luminosità dell’alba che avanza trasparenze di un gioco di specchi specchiare di cristalli che si rifrangono nella limpidezza pura dell’aria virgineo risveglio di lontananze spirito di pace, di continuo ricongiungimento germoglio che avanza dentro l’ampliarsi del tempo ovulo di vita che rischiara il passo estemporaneo dell’eterno. Estate: o del blocco granito, denso, spaccato dal sole rosso melograno gravido che figlia e si disperde nei ciottoli disseminati nel giardino incontinente linee che si rincorrono avide, curve che si disciolgono a dar forma a segni, simboli vaghi geroglifici d’una età mai dimenticata occultata nella lucentezza del fuoco metamorfosi, fughe di solidi che si rincorrono che si contendono l’eterno riproporsi consistente delle forme del divenire della materia. Autunno: o dell’infinito ritorno, dal giallo intenso al bruno al rosso sangue della terra che chiama concretezza di spasimi, di eventi, di volontà affermate dentro la brace accesa di soliloqui stanchi patriarca senza legioni, crepitio d’ossa prigioniere epitaffi di un’attesa che scorre lenta che stenta a venire foglie uccise ancora vive palpitanti cadute nel giardino delle rimembranze scroscio che s’inoltra negli spazi interstiziali tra i ciottoli arsi, logorio di pietre come di pianto cimitero di lagrime sparse sopra i misteri del canto l’ultima come la prima nota dell’universo. Inverno: o della trasparenza del bianco, candore dell’acqua vitale portento della trasformazione concezione subliminale della spiritualità dell’anima dentro il risvolto, la falda del cappello del tempo immensità del giardino, dimensione della neve vaghi cristalli di ghiaccio per un’estetica dell’infinito stretta nel pugno che rimpasta, modifica, ricompone materia d’uomo trascendenza, inconoscibilità, immanenza degli elementi bonsai cresciuto tra le rughe intorno alle gote conoscenza dei capelli bianchi, delle occhiaie che fondono la dura pietra, il tronco dell’albero spoglio, ricurvo . . . sotto il peso degli anni, tutt’uno con la vetusta età. |
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